Page 111 - Tempo scomposto
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zioni, le pappine, i giocattoli e le veglie notturne (quando
fu necessario farle). Con Antonio ci fu all’inizio la scoper-
ta e la riscoperta, l’adattamento, la repulsione, l’accettazio-
ne, l’identificazione. E -perché no?- anche il delirio.
Stavamo tutto il tempo a parlare di cose nostre del passa-
to, o di cose oggettive, argomenti neutri che ci riconcilia-
vano con la realtà che ci sfuggiva di mano inesorabilmente.
Ricordo quei giorni che seguirono la nostra prima vol-
ta: ben presto diventammo molto uniti, come se le nostre
anime si fossero toccate, complice la situazione di assoluta
libertà in cui entrambi ci trovavamo; almeno, così all’ini-
zio mi sembrava, di vivere una storia al di là del tempo e
dello spazio, in cui potevamo navigare a vista, senza nes-
sun ostacolo e nessuna preclusione. Non sapevo ancora
in che cosa si sarebbe trasformato questo rapporto, quale
inesorabile tagliola sarebbe diventata sulla mia pelle. Non
parlavamo infatti del futuro, consapevoli dell’irripetibilità
del momento che stavamo vivendo e dell’impossibilità di
prevederne gli esiti.
In qualche momento di lucidità ero convinta del fatto
che tutto sarebbe tornato come prima: il mio rientro a
casa sarebbe avvenuto come una necessità normale; avrei
riabbracciato Manlio e Bianca senza avvertire nessun sen-
so di colpa, ma anzi (così mi sembrava) rigenerata e rin-
vigorita dalla spinta vitale che mi proveniva dagli ultimi
avvenimenti, sarei riuscita a farmi perdonare la lunga as-
senza grazie alla mia presenza ritrovata e vitale. Come se la
mia lontananza fosse servita a migliorare qualitativamente
il rapporto con i miei cari, insomma.
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