Page 95 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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CAPITOLO XIV
La torre di don Lorenzo Gioeni si alzava in tutta la sua maestosità
vicino le mura e la Porta del Re. Impossibile non vederla, perché
in tutta Catania non c’era una costruzione altrettanto alta. Dicono
che da essa si poteva godere a nord il panorama delle campagne
intorno al Mongibello, dei campi di Lentini fin quasi a Siracusa; da
sud-ovest fino quasi ad Aidone, e verso oriente lo sguardo poteva
spingersi per tutta la riviera ionica, fino alla Calabria.
Le origini di questo edificio erano molto antiche e si facevano
risalire all’imperatore Federico. Successivamente era stato
protagonista di alcune vicende tumultuose della città. Nel 1516
alcuni rivoltosi la assalirono e la bombardarono, per odio contro
i nobili che vi si erano asserragliati, ma poi si arresero. Nel 1547
aveva resistito al terremoto e nel 1576 fu adibita a lazzaretto per le
donne che erano state colpite dalla peste, e durante l’eruzione del
’69 vi si stabilì per poco tempo la soldatesca spagnola per sfuggire
alla lava che minacciava il castello Ursino.
Adesso, prima di passare ad un altro proprietario, era
temporaneamente dismessa e in stato d’abbandono.
Carmelo Battaglia vi si aggirava con fare circospetto: una notte
fresca e senza stelle riempiva d’ombre le rientranze e le sporgenze
della vetusta costruzione. Forse per le vicende trascorse, un alone
di mistero e d’intoccabilità avvolgeva quelle antiche mura.
Nei pochi anni che erano seguiti alla lava l’attenzione di Carmelo
era tutta incentrata sulla sua passione civile; nessun altro interesse,
nessuna distrazione lo avevano distolto dal coltivare la sua rabbia e
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