Page 145 - Corti di carta
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Vale la guardò come si guarda un marziano; una linea ironica
invadeva le sue parole. Deborah notò un solco, come una piega tra le
sue sopracciglia, mentre le labbra le sembrarono più sottili e
sarcastiche.
«Ne vuoi anche tu? Me ne sto preparando uno… Ce lo fumiamo
insieme?».
«No, adesso non ne ho voglia. Devo proprio andare. Sergio mi
aspetta».
«Al diavolo! Fai come ti pare. Ci sentiamo».
Infatti l’aveva sognato così, l’amore, nelle notti in cui con gli
occhi sbarrati e la gola arsa stentava a prendere sonno e si girava da
un lato all’altro cercando frescura. Un perdersi insieme, un avvin-
ghiarsi aggrappandosi l’uno all’altra nella spasmodica certezza di
essersi trovati. Rivedersi così, nudi e indifesi, riflessi negli occhi
dell’altro come a conferma della propria esistenza che solo in quel
momento acquistava significato.
Lo abbracciò ancora. Le piacevano quei piccoli morsi sul collo,
quel ritmo ineguale della sua mano incerta.
«Sai, sono preoccupata per Vale».
Lo sentì armeggiare con la luce, accendere una sigaretta.
«Non la conosco neanche, ma che tipo è?».
«È un tipo che se continua così, potrebbe fare qualche spropo-
sito».
«Uhmm, come sei saggia, stasera, quasi non ti riconosco…Perché
non pensiamo a noi, invece?».
«Ma ci tieni proprio così tanto, Vale?».
«Sei mia amica, non puoi negarmelo, questo favore! Mi ha
danneggiato, mi ha accusato al prof. per via della copia che mi hanno
passato a quel compito. Sono sicura che sia stata lei! Mi voglio
vendicare, non voglio altro. Solo un piccolo ricordo per farle capire
con chi ha a che fare».
E si alzò in piedi, col petto in fuori, con gli occhi lucidi e accesi.
«Cosa dovrei fare? Non sono d’accordo con questo tipo di cose.
Mi conosci».
«Devi semplicemente fungere da esca, attirarla in bagno per la
ricreazione… e al resto pensiamo noi».
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