Page 141 - Corti di carta
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RUMORI





               L’auricolare   fischiava   leggermente   e   Deborah   se   l’aggiustò
            fermandosi un attimo, prima di riavviare il motorino. Era tardi e
            doveva prendere Vale per portarsela a scuola.
               I clacson dell’ora di punta la infastidirono mentre aspettava al
            semaforo.
               Se avesse potuto, avrebbe azzerato tutti i rumori che la città resti-
            tuiva ogni momento, esprimendo la sua vitalità sgraziata e chiassosa.
               Gli unici suoni che avrebbe voluto sempre e soltanto sentire erano
            quelli del sabato sera, della discoteca, che l’avvolgevano nel corpo
            procurandole sensazioni morbide ed esaltanti insieme.
               Ci si dimenticava di tutto: bastava bere un poco, fumare, impa-
            sticcarsi qualche volta, e lasciarsi andare… Senza orari, senza regole,
            senza le torture del “dover fare” e dell’aver fatto sempre troppo poco
            o troppo sbagliato.
               Vale scese puntuale, un po’ ingrugnita com’era suo solito.
               «Mi   stavo   congelando   ad   aspettarti!   Fa’   presto,   oggi   c’è   il
            compito…».
               Non poteva vederla per via del casco, ma sarebbe stata curiosa di
            leggere la sua espressione. Quando mai Vale si preoccupava dei
            compiti o delle lezioni? L’unico suo interesse, quando andava a
            scuola, era sculettare per farsi vedere dai maschi e fare sfoggio degli
            acquisti o dell’ultimo ombretto comprato ai magazzini.
               Salirono le scale a due a due, arrivarono trafelate che la porta
            dell’aula era già chiusa. Appena in tempo per l’appello e subito i
            quesiti da svolgere. Avevano consegnato il cellulare, ma Vale sapeva
            come fare. Le passò la copia proprio gli ultimi dieci minuti prima del
            suono della campana.

               «Dimmi un po’: come hai fatto?». Le chiese camminando nel
            corridoio durante la ricreazione e addentando la focaccia appena
            comprata.
               «Ho i miei metodi, io». Sorrise in modo misterioso e sardonico
            «Ssss…» la zittì appena incrociarono Carlo e Roberto.




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