Page 136 - Corti di carta
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mani, evitando quasi di guardarsi.
Il ragazzo si accomiatò a malincuore, chiedendosi se non avesse
fatto per caso qualcosa di male, o detto qualcosa di troppo.
Al Lungo veniva un solco lì, in mezzo alla fronte, quando ci
pensava. Adagiato nella vita di paese che scorreva lenta e tranquilla
come quando il fiume scorre in pianura, tra corse e chiacchiere, tra
amenità ed affetti semplici, in realtà non aveva mai pensato a come
avrebbe potuto essere il suo futuro.
Adesso invece pensava al vecchio e a come era stata avventurosa
la sua vita, in mari sconosciuti e tra genti cui non si poteva leggere
niente di familiare negli occhi o sulle labbra.
E allora la tranquillità spensierata di cui aveva sempre goduto
fino a quel momento, cedeva il posto ad un’ansia ancora più forte
perché rivolta verso un oggetto dai contorni niente affatto definiti.
Avrebbe voluto sapere di più di quell’esistenza, conoscere e
vivere momento per momento quelle esperienze che dovevano
sembrargli esaltanti, proprio perché ignote.
Era sempre stato un ragazzo abbastanza tranquillo, ma adesso la
sensazione di aver perduto il proprio tempo in cose futili e
insignificanti e, ancor di più, la percezione che così sarebbe stato per
sempre, gli graffiavano l’anima con mille impulsi contrastanti, in un
andirivieni di motivi e sensazioni mai provate prima.
Si guardava le mani e non sapeva se tra qualche anno sarebbero
state scure e nodose come quelle di suo padre. Si scrutava allo
specchio chiedendosi cosa avrebbe guardato con quegli occhi
obliqui, che finora s’erano accesi solo per innocue barzellette raccon-
tate tra un sorso e l’altro, nel bar della piazza.
Il fiume, adesso, non si sentiva quasi più. Solo un mormorio
discreto e sommesso in quel tratto pianeggiante, in un momento
finale del tramonto che diffondeva striature rosseggianti.
Flick, che era andato avanti, in una corsa gioiosa, ritornava
mugolando piano. Lo trovò sul tavolo, con la testa reclinata ed
appoggiata sulle braccia. Sembrava che dormisse.
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