Page 132 - Corti di carta
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appuntamento.
Il biondino e il riccio ascoltavano senza interrompere il dialogo.
«Cercavamo ranocchie, che in questa stagione si riproducono.
Volevamo prendere i girini, respirare un po’ d’aria buona. È così
bello il fiume adesso, che s’è sciolta la neve e l’acqua viene giù dalla
montagna più forte».
«E il cane come si chiama? È un bel cane, sai? Ne avevo anch’io
uno, ma è morto, forse me l’hanno avvelenato».
Rise forte, alla confessione che avevano saltato la scuola per fare
quella passeggiata fuori paese. Forse l’inaspettato incontro l’aveva
messo di buon umore, tanto che trovò naturale farli venire nella sua
capanna che distava a pochi passi da lì.
Lo seguirono, ansiosi e ardimentosi, come si può essere di solito a
quell’età. Il cane gli veniva dietro, scodinzolando docile. Fu per lui il
primo pensiero dell’uomo: una pallina di pezza che Flick si precipitò
subito a raccogliere non appena gli fu lanciata.
La capanna non era altro che una casupola di mattoni a secco.
Dentro un unico ambiente sovraccarico di oggetti e cianfrusaglie di
ogni genere. In fondo un focolare tutto annerito dal fumo, con la
cenere ancora calda.
«Ho appena fatto colazione, ma c’è ancora del caffè, ne volete un
poco?».
Rifiutarono, perché era quasi ora di pranzo.
Cominciò quindi a parlare, a descrivere le sue attività, a mostrare
i suoi attrezzi di lavoro.
Gli occhi sgranati, i visi attenti e protesi verso di lui. Solo il
Lungo sembrava a suo agio. Flick gli si era accoccolato al fianco e si
faceva accarezzare, languidamente.
«Tra un po’ passeranno i pesci, in un punto più alto del fiume, ed
io andrò a pescarli, sto preparando le esche. Volete vedere come si
fa?».
E mostrò le canne rudimentali, i retini, le ceste.
Le ceste me le fabbrico io, sapete? Ci sono certi giunchi robusti
che crescono in una radura poco distante da qui. Ho trovato anche
dei papiri molto grossi. Peccato ce ne siano pochi, ma sono sufficien-
ti per fabbricare la carta come facevano gli Egizi. Mi sono costruito
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