Page 133 - Corti di carta
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anche un piccolo torchio, lo volete vedere? Eccolo qua. E sollevò
            una catasta di pezze da cui uscì un attrezzo scuro, rudimentale e
            polveroso.
               Poi cominciò a spiegare come fabbricavano la carta, lo stesso
            procedimento di cui lui si serviva.
               «È tardi, dobbiamo andare, a casa ci aspettano» tagliò corto il
            Lungo. «Ma torneremo, vero?».
               «Quando volete! Mi trovate sempre qua».

               Ormai le giornate si facevano sempre più calde, la voglia di respi-
            rare l’aria aperta sempre più acuta. Non si poteva più guardare il
            sole, se non di riflesso, attraverso le ombre che proiettava sul terreno.
               Il Lungo aveva pensato di andarci solo, dal vecchio, senza i due
            mocciosi che davano noia.
               Era domenica, questa volta. Aveva tutta la giornata per sé.
               Lo trovò che stava preparando gli attrezzi per la pesca. Non si
            stupì affatto di vederlo, anzi lo invitò a venire con lui, così dopo
            avrebbero mangiato insieme.
               «Qua, Flick, per di qua». Il cane mugolava, ma lo seguì ugual-
            mente, scappando a tratti per poi tornare dal suo padrone. Sembrava
            avesse voglia di farsi accarezzare.
               S’inerpicarono per una salita che conduceva verso la sorgente. Il
            ragazzo  non  c’era  mai  stato:  gli  piaceva  scoprire  posti  nuovi  e
            raccontarlo agli amici, quelli del paese, dov’era stato.
               L’uomo procedeva taciturno, di umore del tutto diverso a quello
            della prima volta; sembrava che stesse meditando su qualcosa che
            faticava ad esprimere.
               Ne aveva parlato in paese, anche col parroco, ma nessuno sapeva
            nulla di lui. «È una brava persona che non dà fastidio a nessuno».
               «Pacifico, rispetta tutti. Preferisce essere lasciato da solo. Che
            male fa?».
               Solo il barista si era lasciato andare a qualche confidenza in più,
            ma chissà quanto veritiera. «Pare che sia venuto durante la guerra.
            Forse un ebreo, scampato alle persecuzioni, o un disertore, chis-
            sà…».
               Il mistero s’infittiva: «Qualcuno sostiene che fosse un uomo di
            nobili origini, divenuto povero per un rovescio di fortuna, e poi mai
            più   tornato   alla   vita   normale.   Una   specie   di   eremita,   insomma,


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