Page 130 - Corti di carta
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In quel punto i ciottoli diventavano più grandi e consentivano una
            certa stabilità. Abbandonarono gli zaini e si sedettero sulle pietre più
            grosse. Ce n’erano due o tre che offrivano un sufficiente appoggio.
               «Fammi vedere». Il ragazzo con un ciuffo di capelli bruni che gli
            spiovevano sulla fronte tirò fuori della tasca un mazzetto di figurine
            che   immediatamente   gli   altri   due   si   contesero,   cercando   di
            accaparrarsene la maggior parte.
               «Zitti, mocciosi! Ma che, non ne avete visti mai, calciatori?».
                Il litigio tra i due più piccoli si era fatto troppo vivace, il ragazzo
            ebbe un moto di stizza.
               «Basta, non vi porto più con me».
               Il sole ormai  non era più quel batuffolo anemico  di qualche
            giorno   prima.   Il   suo   disco   era   netto   nel   cielo,   ben   delineato   e
            cominciava a scaldare.
               “Se continua così, ne avremo poco di freddo, ancora. Potremo
            caliarci  la scuola tante altre volte di nuovo” pensò il ragazzo col
            ciuffo che nel frattempo scrutava con insistenza l’acqua smossa dai
            suoi scarponi.
               Lì, in fondo, si cominciavano a vedere delle piccole forme nere,
            quasi delle virgole vivacissime, che nuotavano dove l’acqua era più
            trasparente.
               “Se ci sono i girini, ci saranno anche le ranocchie” pensò ancora,
            fra sé e gli comparve una ruga, là, proprio in mezzo alla fronte, dove
            i capelli finivano il loro percorso sinuoso.

               I due  più  piccoli  si  erano  alzati,  si  rincorrevano agitando  le
            braccia ed emettendo dei versi sgraziati con la bocca. Uno di loro,
            quello biondino, più gracile, ma pestifero, aveva cominciato a gettare
            i ciottoli facendoli rimbalzare sugli altri, ridendo di soddisfazione
            ogni volta che gli spruzzi d’acqua si sollevavano polverizzandosi
            nell’aria. L’altro, più alto e tarchiato, con una vocetta stridula e dei
            ricci neri e folti, lanciava quello che aveva in mano nella speranza
            che il cane lo raccogliesse.
               Ma Flick era così intento a raspare nel terreno e ad annusare
            chissà quale pista misteriosa, che nemmeno gli dava retta.

               Si fece l’ora della merenda: avevano fame e uscirono dagli zaini i
            panini imbottiti. Con lo stomaco pieno intonarono canzoni che cono-


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