Page 146 - Corti di carta
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«Noi? Con chi altro ti sei aggregata per fare queste cose?».
«Con delle persone che mi rispettano, che non sono delle gatte
morte come te».
«Scordatelo! È un po’ che non mi vanno i tuoi metodi, cara mia.
E per quel che mi riguarda, finisce qui! Non voglio essere acco-
munata a te».
La notizia s’era diffusa con rapidità, com’era facile aspettarsi.
Nora era stata trovata nel bagno delle ragazze con le calze strappate e
qualche graffio sparso qua e là sulla sua pelle bianchissima. Gli
occhiali avevano le stanghette rotte e gettate sul pavimento. Sul
pavimento c’era la sua merenda sbriciolata e fatta a pezzi. A terra era
stato lasciato anche il suo cellulare pestato e sbattuto.
«Atto di bullismo, di deprecabile violenza». aveva tuonato il
Preside «che condanniamo e puniremo severamente, in maniera
esemplare».
La sua matita passava ripetutamente sulle righe del testo, e, lei lo
sapeva, nell’accanimento del segnare c’era la ricerca del senso che
quelle parole potessero avere in assoluto.
Dopo quell’episodio Deborah e Vale non s’erano più riviste, e
non solo perché lei non era più tornata a scuola.
I suoi pensieri erano lontani, ad una distanza siderale da tutto ciò
che l’amica aveva rappresentato una volta.
Deborah s’era attaccata saldamente allo studio nel quale trovava
una conferma e qualche risposta a mille domande inevase, soprattutto
alla Storia e alla Filosofia, che erano diventate le sue preferite.
Poi c’era anche Sergio, di cui a volte le sfuggivano gli umori
contraddittori e la passionalità che metteva in alcune cose, trascu-
randone altre, e lasciandola a volte pensierosa e stranita, lei che era
così razionale e sensibile.
Ma non discuteva mai, perché temeva che i suoi disappunti
potessero in qualche modo allontanarlo da lei e segnare un solco tra
loro due.
L’anno s’era concluso quindi nel migliore dei modi per Deborah e
anche per Sergio, che, nella classe avanti, aspettava di conseguire la
Maturità.
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