Page 150 - Corti di carta
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Il tutto era inserito in un giardinetto basso e poco ampio, con una
            siepe   che   girava   tutt’attorno   al   muro   di   recinzione,   con   una
            cancellata  che  conservava  ancora  le  volute  ed  i  ghirigori  di  un
            passato   liberty   a   cui   il   restauro   frettoloso   della   facciata   aveva
            sottratto un po’ di quella patina antica. Ma che l’accorto giardiniere
            tentava   di   fare   rivivere   prediligendo   ortensie   e   passiflore   che
            languidamente s’arrampicavano intorno ad una specie di gazebo a
            colonnato, sempre rigorosamente in ferro battuto, che era ricavato da
            una sporgenza piuttosto cospicua del muro di cinta.

               Una targa in ottone un po’ annerito e consumato dalle intemperie,
            in uno stile svolazzante diceva:  Lorenzo Ferri – studio grafico  e poi
            continuava, più piccolo: riceve ogni martedì dalle 17 alle 19.
               La via proseguiva tranquilla per circa un chilometro punteggiata
            da   altre   villette   di   vario   tono   e   dimensione,   per   andare   poi   a
            ricongiungersi allo stradale che seguiva in tutta la sua estensione
            quella porzione di lago, appunto, che costituiva l’unica risorsa e dava
            il nome al paesino che s’era formato e pigramente adagiato accanto
            ad esso.
               In quella zona il verde non si contava più, con i cipressi, i limoni,
            gli   oleandri,   i   salici,   gli   eucalipti   ed   i   ligustri   che   con   allegro
            disordine rendevano piacevole il cammino  e la sosta soprattutto
            durante le infuocate giornate estive.

               La casa era stata comprata con il ricavato della vendita di un
            agrumeto ereditato alla morte del padre, giù in Sicilia, di cui Lorenzo
            era unico erede maschio.
               Alto, con l’incedere un poco dinoccolato e leggermente curvo che
            hanno le persone che non sanno che farsene – a volte – delle loro
            gambe  e delle  loro braccia. Ma questa  era  l’unica  nota  un po’
            difforme, ché per il resto non c’era niente di disarmonico nel fisico di
            Lorenzo che avrebbe potuto essere definito con termine piuttosto
            generico e sbrigativo un bell’uomo.
               I cinquant’anni di recente compiuti avevano rafforzato, anziché
            offuscarlo,   il   suo   fascino   sottile.   Un   misto   di   gentiluomo   di
            campagna e di “bello e dannato” cui contribuivano in eguale misura i
            pantaloni di velluto a coste e le ciocche grigie e un po’ scomposte




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