Page 152 - Corti di carta
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ingombrante.
               Questo   era   tutto:   nemmeno   una   parola   sull’ex   moglie   o   sul
            matrimonio. Certo la Betta ogni tanto parlava di qualche furtiva
            presenza femminile, di qualche indumento lasciato qua e là con
            noncuranza, di qualche telefonata interrotta, ma niente che avesse
            nome e cognome, tanto da mostrare l’apparenza evanescente di un
            ectoplasma.

               In questi sette anni non erano mancate a Lorenzo le occasioni per
            fare amicizia, ma la natura un po’ riservata del suo carattere e la
            peculiarità del suo lavoro non gli facilitavano le cose: cordiale con
            tutti,   sfuggiva   ad   una   conoscenza   più   profonda,   anche   se   non
            mancava mai di unirsi alle tavolate rumorose in cui era normale affo-
            garsi nel buon vino.
               E non gli dispiaceva di invitare a casa sua una manciata – quanto
            le dita di una mano o poco più – di conoscenti, che mostravano di
            apprezzare la sua buona cucina. Un misto di sicilianità condita in
            salsa lombarda.

               Eppure un amico fisso c’era: legato a lui da un fitto tessuto di
            confidenze ed elucubrazioni; di questo tessuto – per così dire –
            Lorenzo rappresentava la trama e Mario l’ordito.
               Nel senso che Mario incarnava quella vita disancorata, quella
            totale libertà di pensiero ed azione che Lorenzo aveva molto faticato
            a costruirsi a causa di un’educazione rigida e ingabbiata in schemi
            predefiniti.
               Di lavoro faceva il meccanico: un meccanico non dozzinale, con
            una fornitissima officina in comproprietà con i fratelli. Ma era più
            facile trovarlo in giro a farsi “un bianchetto” piuttosto che al biliardo,
            impegnato nell’ennesima rivincita.
               Mario   parlava   con   tutti.   Anzi,   sembrava   proprio   che   la   sua
            occupazione principale fosse quella di comunicare con la gente. Una
            comunicazione che sfiorava la politica e l’economia, la conoscenza
            dei luoghi e delle persone.
               Da giovane aveva partecipato alle occupazioni e ai pestaggi, in
            quella protesta che saliva come una marea e travolgeva i luoghi
            comuni e i perbenismi tradizionali, e di quest’esperienza gli erano
            rimasti   appiccicati   addosso   un’insofferenza   ed   un   disprezzo   che


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