Page 20 - Corti di carta
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giamento, un’accusa pesante che avrebbe potuto fruttargli parecchi
            anni di carcere.
               Quando poi tutto fu finito Mara raccoglieva qua e là i cocci della
            sua esistenza che appariva frantumata per sempre. Aveva accettato
            l’invito di sua madre di tornare a casa, ma si aggirava come un fanta-
            sma tra cose che non le appartenevano più, cercando disperatamente
            un filo che la riagganciasse ad una realtà che le scivolava di dosso
            come un vestito smesso da troppo tempo.
               S’era fatta forse più bella di prima: gli occhi, diventati accesi e
            febbrili brillavano quasi, ma spesso s’intorbidivano e sfuggivano
            girando senza fermarsi. La bocca si serrava stringendosi e sulla
            fronte spesso comparivano due solchi là, proprio in mezzo al naso.
               Sembrava che non avesse altro scopo o altro pensiero che andare
            a trovarlo in carcere, ogni giovedì, che era giorno di ricevimento.
               Si preparava con cura: il vestito pulito e stirato, i lunghi capelli
            raccolti in una treccia, un po’ di rossetto sulle labbra. Prendeva la
            corriera per il paese Mara, e non dimenticava mai di portare con sé
            un pacchetto di caffè. Poteva dimenticare qualsiasi altra cosa, ma non
            quello.
               Le   sembrava   di   ricostituire   così   un’armonia   spezzata,   una
            quotidianità di cui coltivava gelosamente il ricordo. Le mattine in cui
            Turi si attardava con lei nella piccola cucina completamente invasa
            da quel profumo così comune, eppure così unico, la rimandavano –
            sia pure illusoriamente – ed era consapevole di ciò, ad altre normalità
            più semplicemente vissute e per questo così ingenuamente associate.
               S’immaginava dunque che in quello spazio così angusto di cui
            non conosceva i contorni né l’esatta dimensione umana, ma che
            comunque riteneva terribile, Turi avrebbe trovato un po’ di conforto
            col suo caffè.
               Lo vedeva così, dopo una lunga attesa e dopo avere sbrigato le
            formalità necessarie; il volto più affilato, gli occhi gonfi e affossati,
            la   barba   lunga   di   giorni.   Si   avvicinava   come   fosse   sorpreso   di
            vederla, lei così giovane e tenera in quell’ambiente così duro e
            sguaiato, ma ciò durava solo un attimo e la maschera di sempre
            (ironica e sprezzante, arrogante e beffarda) aveva poi il sopravvento,
            come se temesse di far vedere la sua debolezza di fronte a Mara.
               «Vedrai che qua non ci marcirò più a lungo bimba mia.
               «Non è ancora nato chi incastra Turi!».


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