Page 112 - La via d'uscita
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e mia madre prestava servizio presso una nobile famiglia
di Catania di cui preferisco non fare il nome, capirà per-
ché. Morta anche mia madre che avevo appena otto anni,
la benevolenza degli altri servitori e l’accondiscendenza
dei Signori mi consentirono di rimanere a servizio presso
quella casa, continuando a svolgere le sue mansioni. Allora
ero molto più giovane ed il mio fisico non portava i segni di
adesso.”
Concetta la guardò, con interesse mentre parlava. Consi-
derò In effetti che nel suo viso, dai tratti comuni e ordinari,
a volte le s’illuminavano gli occhi, spesso tenuti bassi, ch’e-
rano forse la cosa più bella che aveva o che aveva avuto.
“Divenni presto adolescente e precocemente le mie fat-
tezze si arrotondavano. Ma cosa avrei potuto fare se non
continuare a prestare servizio presso quella famiglia? For-
se qualche altro servo della mia stessa condizione avrebbe
potuto sposarmi, ma non ce n’erano alla vista.
Il figlio più piccolo dei Signori era anche il più irrequieto:
manesco, violento, invidioso della sorte del fratello mag-
giore, conduceva una vita da libertino senza che nessuno
lo frenasse o ne correggesse gli eccessi.
S’incapricciò di me? Non credo fino a tal punto. Vole-
va solo passarsi qualche voglia, o forse aveva fatto una
scommessa con qualche suo pari. Dovetti cedere alle sue
pressanti attenzioni. Forte della mia debolezza e della mia
ignoranza abusava di me come e quando voleva. Spesso
alzava le mani e mi picchiava, così, senza motivo, solo per
il gusto di piegarmi ancora di più alla sua volontà. Dopo
qualche tempo rimasi incinta.
Ancora ricordo tutto, come fosse ieri. La casa era avvol-
ta nel silenzio perché non c’era nessuno in quel momento.
Eravamo davanti alla porta della sua camera quando glielo
dissi e, com’era prevedibile, la sua reazione fu tremenda:
calci, pugni, pedate. Urlava che questo bastardo non lo vo-
leva, proprio come se fosse colpa mia …
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