Page 114 - La via d'uscita
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tutta la città per le sue opere benefiche e caritatevoli. Mi
promise ospitalità almeno fino a quando non avessi parto-
rito, e poi sarei stata assegnata a qualche istituto benefico.
Io tacqui sulle circostanze di cui ero colpevole, e lei non mi
fece altre domande.
Dal canto loro anche la stessa famiglia tacque, sia per
evitare lo scandalo, sia perché le ferite che avevo inflitto
non erano poi troppo gravi. Ma io, malcurata e costretta
a nascondermi per un lungo periodo, rimasi così, a trasci-
nare la mia gamba, mentre diventavo sempre più grossa.
Partorii un bambino biondo come un cherubino che feci
appena in tempo a battezzare, dandogli il nome di Angelo,
perché morì pochi giorni dopo. A questo punto la mia vita
era davvero spezzata, come la mia gamba che non sarebbe
più guarita …”
Appartate in un angolo del vasto stanzone adibito a gra-
naio, tra pulviscoli e zanzare fastidiose, accompagnate
dalle voci dei contadini che armeggiavano tra le balle di pa-
glia, Concetta e suor Crocifissa si erano abbracciate perché
quest’ultima non aveva saputo più trattenere le lacrime
che da troppo tempo erano state soffocate, e la prima ave-
va accolto la sua confessione con lo stesso pietoso traspor-
to con cui addolciva le sofferenze dei malati.
“Il dolore per la perdita del mio bambino fu compreso dal-
la Superiora di allora, che mi propose di rimanere in con-
vento prendendo i voti semplici, e così feci, tacendo a tutti
il mio terribile passato, ma confidandomi con lei che così
generosamente mi aveva protetto. E per qualche anno la
pace del chiostro fu per me come un balsamo che mi al-
leviò le ferite dandomi una vita semplice e dignitosa. Non
feci nulla per mettermi in mostra ed evitai contatti troppo
intimi con le altre consorelle; volevo soltanto essere con-
fusa con un muro o un corridoio, una pianta o un dipinto
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