Page 43 - La via d'uscita
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ciava, alla ricerca di quel calore che entrambe cercavano.
Parlottarono piano, orecchio contro bocca, i fiati confusi
nel rimescolio delle coltri.
“Non ce la facevo più, c’è troppo freddo stanotte ...”
“Hai fatto benissimo! Io non avrei avuto il coraggio!”
“Se ci scoprono! All’alba te ne devi andare, se no sono
guai!”
Quella volta non parlarono, per timore di essere scoperte,
ma dormirono avvinghiate l’una all’altra fino a che i primi
chiarori del giorno non sostituirono l’algida luminescenza
della notte. Il vento era cessato.
D’allora in poi le due ragazze divennero inseparabili, ma
ben attente e consapevoli di non fare trasparire nulla. Non
stavano mai vicine nei momenti ufficiali della giornata,
non mostravano una preferenza particolare quand’erano
riunite alle altre nei momenti di riposo, e nel refettorio,
dove vigeva la regola del silenzio, si sedevano non troppo
lontane, né troppo vicine, come se i loro posti derivassero
da una casualità incontrollata.
In realtà Adele si era mostrata subito molto sveglia e ac-
corta e insegnava ad Agnese, che invece ne sembrava del
tutto inconsapevole, alcune, piccole astuzie che potevano
renderle più gradevole la vita. Il compito di farle conoscere
il monastero, però, era tutto suo.
L’edificio era ampio, articolato, sottoposto a vari rima-
neggiamenti, ampliamenti e restauri che nel corso del
tempo era stato possibile realizzare anche grazie agli aiu-
ti economici forniti dalle famiglie più abbienti della città.
Tra i benefattori c’era anche Orazio Trigona che, sia per-
ché parente dell’attuale madre superiora, sia perché ave-
va loro affidato l’educazione della figliola, in prospettiva di
una sua probabile monacazione, godeva di un certo pre-
stigio all’interno di queste mura. Ciò consentiva ad Agnese
qualche libertà di movimento, senza che nessuno osasse
rimproverarla o limitare i suoi movimenti. E, data l’indole
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