Page 44 - La via d'uscita
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fantasiosa della ragazza e la sua docilità di educanda, ogni
tanto spariva, vagando nei lunghi corridoi, o si eclissava in
alcuni momenti della giornata, e la cosa passava del tutto
inosservata, o tollerata con molta comprensione, perché,
in fondo, si trattava di innocue trasgressioni.
Il monastero era posto su piani diversi: dall’ingresso si
passava al parlatorio esterno, all’ufficio della madre Su-
periora, e tutti questi ambienti “di rappresentanza” era-
no divisi dalle zone più interne, riservate alle monache di
clausura che potevano guardare dalle loro grate panciute,
disseminate in punti vari strategici che ne preservavano
l’anonimato, tutto quello che avveniva in comunità, anche
in chiesa. Poi al piano terreno si susseguivano il refettorio, i
magazzini, le cantine, la cucina e alcune botteghe.
Ma Agnese, portata a bighellonare con aria distratta e
svogliata in questa parte del convento, era invece forte-
mente attratta dalla loggia di belvedere a cui si accedeva
attraverso delle scale “a lumaca” per raggiungerne la parte
sommitale, di forma ottagonale. Era stata costruita appo-
sta per consentire alle monache di assistere alle proces-
sioni delle feste più importanti, come quella di sant’Agata
o del santo Chiodo, che avevano addirittura modificato il
loro percorso allo scopo.
In un pomeriggio tranquillo e sonnolento era riuscita ad
impadronirsi della chiave che chiudeva la porta delle scale,
coinvolgendo nell’impresa anche Adele.
“Dai, che ce la fai!” la spronava, vedendola ansimare per la
fretta, un poco preoccupata del fatto che potessero essere
scoperte. Ma quando furono in cima, lo spettacolo che di là
si poteva godere, le lasciò senza fiato. Tra le tegole rossicce
si distinguevano le cupole della Cattedrale e del campanile
in cui si alternavano il chiaro e lo scuro della pietra lavica;
la marina tremolava imitando il colore del cielo, un colore
stranamente cupo, interrotto ad intervalli regolari da bian-
che pennellate di schiuma, che il vento sfiorava ed il sole
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