Page 103 - Corti di carta
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Quando ebbero finito di mangiare (panino con la bresaola lei, col
            prosciutto crudo lui, innaffiati entrambi da un buon vino rosso) gli
            venne voglia di stare un po’ con lei e glielo fece capire, sfiorandole
            leggermente la guancia e toccandole piano piano il lobo dell’orec-
            chio, gli occhi accesi di desiderio. Le guance accaldate di lei la
            rendevano molto, molto accattivante.
               Costanza era sempre pronta, generalmente, a questo genere di
            cose, per questo si stupì quando, dopo avere abbassato gli occhi,
            disse confusamente che quella sera no, non poteva.
               Incassò senza far capire nulla del suo disappunto.
                «Ti accompagno a casa, vuoi?».
               «No, grazie, devo passare da Liliana a prendere degli appunti. Ti
            telefono io, ci sentiamo».
               E scappò via così rapidamente che Ettore ebbe modo di vedere
            solo il baluginare dei suoi capelli rossi dopo il tonfo della porta sbat-
            tuta.
               Giunto a casa, dopo aver messo su la Sonata per pianoforte n. 23
            in fa min. op. 57 di Brahms che faceva da contrappunto ai suoi
            pensieri, sentì il bisogno di guardarsi allo specchio, quasi volesse
            guardarsi dentro, e, attraverso gli occhi, penetrare nell’intimo.
               Non ce la faceva ad essere diverso da com’era, fare finta che non
            gliene fregava niente, che poteva vivere così, senza chiedersi nulla
            prendendosi quello che la vita gli offriva, scartando le parti meno
            buone, come si fa con un cespo d’insalata.
               La barba cominciava a crescergli e aveva bisogno di farsi uno
            shampoo al più presto. Si concentrò su queste semplici operazioni.
               Orgoglioso, testardo, troppo sensibile o …coglione?
               Guardò ancora una volta, con tenerezza, il suo pollice destro
            arrossato. Si piaceva, si voleva bene, cosa c’era di male in questo?
            Non voleva farsi del male, dopotutto.
               Proprio   su   queste   ultime   riflessioni   la   musica   finì   e,   quasi
            contemporaneamente, si addormentò di sasso.

               L’esame era andato benissimo: la sua tenacia ed il suo perfezio-
            nismo avevano alla fine avuto la meglio su Mainardi che – caso assai
            raro – in verità, aveva alla fine dovuto complimentarsi con lui. Gli
            amici avevano voluto festeggiarlo calorosamente e fragorosamente:
            chi parlava di una scrittura, chi gli augurava un posto alla Scala, chi


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