Page 104 - Corti di carta
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gli chiedeva un autografo.
Era rincasato tardi, Ettore, con la mente un po’ annebbiata da
qualche bicchierino di troppo.
Lo stesso fruscio alla porta, di qualche mese prima. Aprì il
biglietto, lo lesse, lo appallottolò e lo aggiunse al mucchio degli altri
nel cestino.
«Scusami, ti ho cercato, ma dov’eri? Domani partirò con Liliana,
la accompagnerò ad uno stage di moda. Non so quanto mancherò.
Baci. Do-diesis».
Pian piano Ettore si spogliava, riponendo con cura i vestiti,
ripiegandoli sulla sedia. Il letto gli sembrò freddo e vuoto. Avrebbe
voluto condividere il suo trionfo con qualcuno, sentire il calore di
una persona speciale, l’intimità di una gioia più segreta. Ma questo
non c’era per adesso.
Fece mentalmente il punto della situazione: cosa era cambiato in
lui rispetto a prima dell’incontro con Costanza?
Notò che il suo dolore si era come liquefatto a contatto di questa
nuova presenza vivificante, che la sua chiusura sul mondo si era
attenuata.
Quel confuso ed involuto groviglio di sentimenti la cui marca era
data dal dolore, si era poco per volta distesa in una visione più serena
e consapevole.
Prima di spegnere definitivamente la luce, gli piacque riascoltare
Ciaikovskij, Sinfonia n.6 Patetica. S’accordava bene al suo stato
d’animo.
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