Page 109 - Corti di carta
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di pane, lo addentò: tanti piccoli morsi furiosi, rabbiosi, inappaganti.
Suo padre era sparito due anni fa, prima della nascita di Nino.
Senza un rigo, senza una parola, lasciandole attonite e sbigottite. La
mamma la sera piangeva e faceva delle lunghe telefonate. Si sfogava
con le amiche, con i parenti.
La trovò che trafficava con l’album e le fotografie, a pancia in
giù, stesa sul letto.
«Mamma! Quando sei tornata? Non ti ho sentita».
E si alzò, abbracciandola e strusciandosi contro il maglione. Ogni
tanto Celeste aveva questi moti di affetto, imprevedibili e improvvisi.
«Di’ un po’, che fine ha fatto il pane che era nella credenza?
Credevo di averne comprato di più».
Si morse la lingua. «L’ho dato a Nino, per tenerlo buono. Lo avrà
mangiato, o forse buttato. Sai come fa lui».
«Vado a comprarne dell’altro. Ti va una pizza per stasera?».
«No. Stasera no. Non ho fame. Non voglio nulla!» E riprese l’aria
insolente e capricciosa di sempre.
Ormai era abituata ai bruschi cambiamenti d’umore, all’alternan-
za di euforia e abbattimento che scoppiavano come burrasche estive
e mettevano a dura prova la sua pazienza.
“Se almeno sapessi come prenderla. Se ci fosse suo padre, non
farebbe così, non sarei sempre da sola ad affrontare tutte le situa-
zioni”.
Una serata tranquilla come poche, quella. Celeste aveva appena
finito di fare i compiti, Nino era tranquillo sul seggiolone che adden-
tava e leccava i suoi giocattolini ridendo ogni tanto ed emettendo
gridolini di gioia ogni volta che l’oggetto che aveva buttato per terra
veniva ripreso.
«Che ne diresti di leggere una fiaba a Nino, tanto per passare il
tempo, prima di apparecchiare?».
«Mamma, ma da dove ti vengono certe idee?». Replicò Celeste.
In fondo era contenta e andò a prendere il libro saltellando, per
scherzo, su un piede solo.
«Quale leggo?».
«Non ha importanza, quale vuoi tu».
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