Page 107 - Corti di carta
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tovaglia nuova per stasera. Non mi dici niente? Cos’hai? Mi sembri
strana…».
Celeste tentò di spiegare, ma Nino si mise a piangere e occorreva
calmarlo…
L’ira della mamma fu aspra e tagliente, com’era prevedibile,
tornati a casa e dopo che ebbe constatato lo scempio della torta.
«Ma sei diventata matta? Ti ha dato di volta il cervello? Celeste,
ultimamente fai delle cose strane, molto strane davvero! E adesso
come facciamo per stasera? Ma guarda cosa mi doveva capitare. Già
che sono sola, ci mancava anche una figlia così…».
Nino intanto scaraventava a terra i giocattoli che aveva in mano.
Celeste non trovò niente di meglio da fare che chiudersi nella sua
stanza.
NON DISTURBARE VERBOTTEN DO NOT DISTURB c’era
scritto in tutte le lingue, insieme ad un cartello di divieto d’accesso
come quello che aveva Monica sulla porta della sua camera.
Non sapeva che fare. Si buttò sul letto, come aveva visto nei film
americani e cercò di piangere. Certamente era disperata e infelice.
Una ragazzina disperata e infelice. Nessuno la amava, lei. Nemmeno
la mamma che riservava tutte le sue attenzioni a Nino. Anzi, forse
non era nemmeno la sua mamma quella. Forse l’avevano adottata da
piccola, così piccola che nemmeno si ricordava chi erano i suoi veri
genitori e quale fosse la casa che l’aveva accolta, lei un piccolo
fagotto implume e indifeso.
Tirò su col naso e si ricompose. Si guardò allo specchio. Un
brufolo, proprio lì, sulla guancia destra. Proprio la sera della sua
festa.
Aveva fame, adesso. Una fame terribile e giustificata dal fatto che
ormai l’ora di pranzo era stata ampiamente superata.
Fece capolino in cucina. La mamma aveva preparato la tavola e
stava imboccando Nino. Il suo posto era preparato con il piatto di
pasta coperto da un altro piatto più piccolo. Mangiarono in silenzio,
la mamma non le rivolse la parola.
«Vado nella pasticceria all’angolo a prendere un’altra torta, per
stasera. Torno subito, ma tu sta’ attenta a Nino, per favore».
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