Page 66 - Corti di carta
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Luca ogni tanto spariva nel piano di sopra perché gli piaceva da
pazzi esplorare, vedere, cercare tra tutte quelle cianfrusaglie e cose
antiche.
«Luca, vieni che è pronto! Dove ti sei cacciato?»
E allora, a malincuore Luca scendeva solo perché pressato dalla
necessità, pronto a risalire non appena ultimati gli obblighi man-
gerecci.
La cucina del piano di sopra gli piaceva perché era rimasta come
quella del tempo dei bisnonni: un gran piano di cottura con i bordi di
ottone lucido e i cerchi di diversa misura da mettere sotto le pentole.
In questa cucina saliva a volte la nonna quando doveva fare le
pizze o i biscotti, perché c’era un forno a legna. In quel caso, solo
quando c’era Nina per aiutarla, la nonna s’avvolgeva un fazzoletto in
testa e indossava un grembiulone sui vestiti e andava a cucinare.
Impastare e manipolare il cibo sembrava essere quello per cui
nonna Lucia era nata: al ritorno la si poteva vedere col naso infari-
nato e le guance rosse per il calore del forno.
«Luca, scendi, dai!».
I compagni lo chiamarono dalla strada e, dopo avere salutato sua
nonna, Luca scese a razzo.
«Dove andate? Vieni a pranzo, ti raccomando». La nonna s’era
affacciata.
Ma già non c’erano più.
Orazio, Mario, Nello, Nino: il gruppetto di ogni estate si era
ricompattato gioiosamente e con un allegro vocio si diresse verso il
campetto sportivo che era stato costruito da poco dopo la villetta
vecchia.
A Luca e ai suoi amici non interessavano le migliorie urbanistiche
del paese, ma solo tirare quattro calci ad un pallone.
Tornò trafelato e accaldato, nonostante il gelato preso in conto
nella pasticceria di sotto.
Trovò la nonna intenta a cucinare e a conversare con un’amica
che era venuta a farle visita. C’era sempre qualcuno con la nonna e
da quando era rimasta vedova si poteva dire che non era mai sola: tra
le figlie, lo zio Uccio, i nipoti e adesso Luca, non le mancava il da
fare.
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