Page 13 - La via d'uscita
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INTERNO DI FAMIGLIA

                 Fin da piccola Agnese aveva imparato ad amare suo pa-
               dre con una devozione ed un trasporto assoluti, quasi re-
               verenziali. Da quando aveva compiuto quattro anni, l’età
               in cui cominciava a capire e ricordare, le rare volte in cui la
               prendeva in braccio, e poi la deponeva in terra perché trop-
               po indaffarato ed austero per occuparsi di lei, aveva iden-
               tificato la sua persona con l’odore che da essa promanava:
               un misto di tabacco e polvere di campagna, ingentilito da
               un vago aroma di ambra e cuoio. Orazio Trigona dedicava
               molta attenzione all’abbigliamento e curava l’igiene perso-
               nale un poco più dei suoi sodali, in un periodo in cui l’acqua
               veniva poco usata.
                 La bambina ricordava poi la sua corporatura alta, i baffi
               arricciati ed i capelli che ricadevano sulle spalle, gli alti sti-
               vali e la cartucciera a tracolla.
                 Quando poi, qualche anno dopo, i suoi occhi sgranati e
               infantili avevano cominciato ad incrociare quelli di suo pa-
               dre, neri, incassati tra le folte sopracciglia, mobilissimi e
               lampeggianti, aveva compreso in maniera inequivocabile il
               significato di quegli sguardi raramente benevoli; aveva ca-
               pito che una sola di quelle occhiate potevano distruggere
               per sempre qualche suo timido ed incerto approccio ane-
               lante affetto, o la richiesta di qualche desiderio inespresso.
               Era lei allora, che si vedeva costretta ad abbassare i suoi, a
               chinare persino la testa, a non osare neppure di proferire
               parola, perché la sua volontà veniva completamente an-
               nullata dall’altra, ben più forte del padre.
                 Eppure lo amava lo stesso, perché era stata abituata a
               credere che tutte le indicazioni paterne dovevano essere
               rispettate perché “Chi è più grande sa sempre cos’è meglio
               per te” e si convinceva di avere sempre torto, o che non era
               il momento, o che, al massimo, ci avrebbe pensato lui, su
               cui occorreva riporre una fiducia totale ed incondizionata.


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