Page 129 - Tempo scomposto
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Da sola, in una città che non era più la mia, lontana dagli
affetti, l’unico punto di riferimento era solo Antonio.
Passati i primi giorni di comprensibile sbigottimento, fu
lui a chiedermi se volevo venire a casa sua, per trascorrere
questo periodo di confinamento e per farci compagnia in-
sieme.
- Dicono che non ci si può spostare dalla propria abita-
zione, a meno che non si sia parenti…
- Ostacolo facilmente aggirabile. Ho pronta l’autocertifi-
cazione e…se ci fermano diremo che siamo non so, parenti,
cugini; marito e moglie no, non ci crederebbero! Ma non
c’è da preoccuparsi. In zona sono conosciuto e…stimato.
Accettai anche perché la permanenza nella pensione co-
minciava a diventare pesante. La chiusura in uno spazio
così limitato, tra cose non mie, con poche distrazioni se
non il telefono ed il televisore accentuava quel senso di
claustrofobia che mi procuravano gli spazi ristretti. Dalla
sola finestra che illuminava l’ambiente si vedevano le tego-
le rossicce della città antica, i tetti, i comignoli, le antenne
e gli abbaini che si erano animati inaspettatamente una
o due volte con l’esibizione di bandiere, cori inneggianti
all’unità nazionale, saluti e manifestazioni di comparteci-
pazione e solidarietà. L’arcobaleno tracciato da mani in-
fantili unitamente al mantra UNITI CE LA FAREMO
era diventato lo slogan ufficiale di questo tipo di esterna-
zioni che -per un attimo- ci avevano rallegrato il cuore,
facendoci sentire uniti. Da Antonio, invece, avrei potuto
respirare l’aria buona e pulita della campagna, girare tra
gli alberi e raccogliere i frutti, partecipare alle sue attività
di preparazione e di conservazione. Ma -soprattutto- avrei
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