Page 131 - Tempo scomposto
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frastornarci per la congerie di dati spesso contraddittori e
di opinioni a confronto. Leggevamo avidamente anche i
quotidiani e questo dava l’avvio a interminabili discussio-
ni che ci impegnavano per tutto il tempo disponibile.
Un articolo comparso su Repubblica aveva catturato la
nostra attenzione. In esso un noto psicoanalista esprimeva
il suo parere su ciò che questa permanenza forzata avreb-
be, secondo lui, prodotto sulla nostra psiche. Un evento
straordinario come quello che stavamo vivendo non aveva
generato solo angoscia e disperazione, ma anche -in alcuni
casi- una strana forma di benessere. Soprattutto le perso-
ne più deboli, incapaci di relazionarsi positivamente col
mondo circostante, avevano manifestato reazioni positi-
ve, come se lo stare rinchiusi, forzatamente esteso a tutti,
avesse alleggerito il peso della loro difficoltà a comunicare
rendendoli più simili agli altri, dando loro quasi una sorta
di soddisfazione nel constatarlo.
A questa tesi, desunta dall’esperienza, se ne aggiungeva
un’altra più generale secondo cui, “grazie a questo Co-
vid-19 è nata la necessità di edificare confini e barriere pro-
tettive. Non però quelle a cui ci ha abituati il sovranismo
identitario, ma come un gesto di solidarietà e fratellanza”.
E ancora, rincarando la dose: “I nazisti ci hanno insegnato
la libertà, ha scritto una volta Jean Paul Sartre all’indoma-
ni della liberazione dell’Europa da nazifascismo”.
Tutte queste affermazioni avevano suscitato le veementi
reazioni della giornalista che, punto per punto le aveva
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attaccate tutte:
“Le sue argomentazioni sono terribili. Non so come
Sartre abbia potuto scrivere qualcosa di tanto aberrante.
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