Page 132 - Tempo scomposto
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Non è vero che avevamo bisogno di Hitler per imparare la
libertà! Siamo matti? Crediamo davvero che a Primo Levi,
per non fare che un esempio, sia stato Hitler a insegnare la
libertà? E crediamo davvero che il Coronavirus ci stia in-
segnando la fratellanza? Come ci hanno mostrato i super-
mercati assaltati? La gente inferocita sui treni? O l’invoca-
zione all’immunità del gregge? Siamo così certi che senza il
decreto e le sanzioni penali saremmo fratello uno agli altri,
tutti per generosità chiusi in casa?”
Antonio aveva preso addirittura il giornale in mano e
lo leggeva, commentandone i passi. Camus, ne “L’uomo
in rivolta” (1951), parla della libertà come di un concetto
intrinsecamente relativo. L’individuo, scrive, deve accetta-
re l’esistenza dei limiti, della moderazione. Proprio quel-
lo che -ahimè- abbiamo capito di non aver saputo fare. Il
conflitto tra giustizia e libertà richiede un equilibrio co-
stante, l’accettazione di quanto ci limita di più: la nostra
libertà, oggi, al tempo del coronavirus. Sartre, guarda un
po’, lesse “L’Uomo in rivolta” con disgusto. Ma invece
l’autore in questione, dribblando con la sua consueta abi-
lità, le problematiche connesse al fatto che l’essere umano,
italiano quanto spagnolo quanto cinese, e così via, non ha
fraternamente scelto la reclusione; la nostra non è affatto
stata purtroppo una scelta. Abbiamo dovuto aver paura
paradossalmente più delle sanzioni disciplinari che del vi-
rus…”
Più che dall’aspetto teorico della contrapposizione ero ri-
masta colpita, per motivi del tutto personali, dalle notizie
che parlavano delle reazioni della gente che, per paura di
non potere più tornare dai propri cari, aveva dato l’assalto
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