Page 43 - Tempo scomposto
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dava avanti ed ero già arrivata al terzo anno di corso, ed ero
abbastanza in regola con le materie.
Il disagio di essere rimasta sola a sostenere le spese dell’ap-
partamento fu largamente sopravanzato dalle emozioni
che mi suscitava questo legame, vissuto intensamente da
entrambi. Agivamo come in una specie di bolla sospesa
quella che poi si sarebbe rivelata una trappola insidiosa,
almeno per me; neanche la necessità di trovarmi un lavoro
temporaneo come baby-sitter, lavoro faticoso se accoppia-
to allo studio, e di cui i miei non dovevano sapere niente,
ebbe il potere di farmi riflettere su elementi più pratici e
concreti: ma mi bastava seguirlo, ascoltarlo durante le sue
esibizioni, parlare con lui, mangiare con lui per poi farmi
abbracciare, quando soli e a fine serata, cercavamo nella
vicinanza dei nostri corpi il completo appagamento, con-
vinta che dovevo bere avidamente tutto quello che la sorte
mi regalava in quel momento. E tutto quello che c’era tra
noi non era così semplice da definire, ma adesso, a distanza
di tempo, di molto tempo, riesco a vederci più chiaro, e a
percepire il fatto che ero così completamente soggiogata e
coinvolta dalla vitalità di Duccio che non riuscivo a legge-
re dentro le pieghe di una personalità così complessa e sin-
golare di cui non vedevo a pieno tutti i risvolti inquietanti.
Non mi accorsi infatti che piano piano le cose andava-
no mutando, soprattutto da parte sua; attribuivo alla sua
peculiarità di artista certi bruschi cambiamenti di umore,
quasi violenti nei miei confronti, o certe dissimulazioni la-
cunose ed inspiegabili. Ma mai avevo vissuto la città con
tanta intensa partecipazione identitaria; e fu proprio Duc-
cio a farmela conoscere dal suo punto di vista. Le sue pre-
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