Page 45 - Tempo scomposto
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di buon umore (non volevo far capire agli altri il disagio
che stavo vivendo sul quale covavo qualche inconfessabile
rimorso), ma dentro di me qualcosa sembrava perduta per
sempre; era come se il mondo, prima a colori, si fosse tra-
sformato improvvisamente in bianco e nero, e come se lo
stesso mondo si fosse di colpo insonorizzato, diventando
muto, livido e ovattato.
L’elaborazione di un lutto o di una perdita è un acca-
dimento che sembra non debba concludersi mai, ma che
poi, inaspettatamente si risolve in un attimo, come se nien-
te fosse successo. Dopo un bel po’ di tempo -non saprei
dire esattamente quanto- mi svegliai una mattina, serena e
contenta, pronta a cominciare la giornata con nuovo vigo-
re. Cosa c’era stato prima? Quasi non riuscivo a ricordar-
lo. Il passato? Non esisteva più, col suo bagaglio pesante
e doloroso; contava solo l’attimo presente, o al massimo
le giornate che riuscivo a programmare nell’immediato
futuro. C’erano fuori dalla porta di casa tante cose da sco-
prire e sperimentare; cose che avevo trascurato per seguire
la scia di un’idea che si era rivelata una bolla di sapone,
forse inutile e deludente. Dovevo riallacciare le mie vec-
chie amicizie, trascurate nel tempo, perché è innegabile: il
dolore rende egoisti, racchiusi nella propria dimensione,
non è vero che fa bene, come si dice. In questo malaugura-
to periodo m’erano mancati dei punti fermi: dopo l’allon-
tanamento di Marina il suo posto era stato preso da altre
studentesse, circa tre o quattro, se non ricordo male, ma
nessuna era rimasta per più di qualche mese, tutte se n’era-
no andate adducendo le scuse più disparate, ma forse ero
stata io ad allontanarle inconsapevolmente, perché non
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