Page 118 - Corti di carta
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continua che sembrava gli penetrasse nel cervello. Doveva prendere
            un sonnifero. Accese la luce, andò in bagno, cercò le pillole nel-
            l’armadietto:   niente.   S’era   scordato   di   comprarle.   Decise   che   si
            sarebbe occupato di qualcosa: il sonno sarebbe venuto.
               Fu attirato dalla scatola con le vecchie fotografie, accumulate alla
            rinfusa dove aveva trovato quella di Morgana e Samantha. Chissà se
            rovistando bene, avrebbe trovato altri elementi? Ormai il caso lo
            interessava parecchio.
               Stava quasi per posare tutto, quando, proprio in fondo al cassetto,
            tastò   qualcosa  di  duro:   era   una  cartelletta  con   dei   fogli   dentro.
            Vecchie cose conservate meticolosamente da una Morgana che non
            sospettava essere così sentimentale. Lesse un foglietto piegato in
            due, firmato Samantha, indirizzato a Morgana.
               Erano le tre di notte. La sua vicina si era ritirata, come al solito,
            ma   ai   rumori   consueti   si   aggiungeva   lo   stropiccìo   delle   scarpe
            bagnate, sfregate contro il pavimento per scrollarne l’acqua.

               Il suono del campanello lo svegliò proprio quando s’era addor-
            mentato da poco… Una bestemmia gli uscì a fior di labbra.
               Era la sua vicina, gli chiedeva di fare una telefonata urgente
            perché il suo telefono era guasto e aveva il cellulare scarico.
               La fece accomodare nello studio, mentre cercava di farsi un caffè.
               Si rese conto che non sapeva niente, proprio niente di lei, tranne il
            fatto che si ritirava ogni notte ad orari impensabili e che lui la sentiva
            sempre per via dell’insonnia.
               «Scusi, l’ho svegliata, per caso? Sono le undici».
               «No, cioè… è che in questo periodo ho un’insonnia terribile».
               Non aveva certo voglia di complimenti, dopo un risveglio così
            brusco e inaspettato.
               Aveva circa 25 o 30 anni, la figura snella e graziosa. Capelli corti
            e biondi, dritti e sfrangiati. Gli occhi, grandi e neri, apparivano un
            po’ cerchiati e spenti, con qualcosa di lucido e febbrile.
               Chissà che lavoro faceva, se era costretta a ritirarsi ogni notte a
            quell’ora.
               Non si sentì di chiedere altro e la congedò con uno stentato: «Se
            ha bisogno venga quando vuole».
               «Ci sei Liza? Sono Andrew».
               «Andrew, sei tu, vero, come stai?».


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