Page 121 - Corti di carta
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Un altro pensiero si aggiungeva a quelli che già lo tormentavano
da tempo.
«Ah, è lei? Si accomodi, prego».
Lo guardava con aria interrogativa mentre il suo viso emergeva
dalla fessura della porta.
A New York i vicini di casa nemmeno si conoscono, nella
maggior parte dei casi. Né Andrew desiderava approfondire questa
conoscenza. Notò che aveva le pupille leggermente dilatate, uno
sguardo vacuo e assente, il pallore del viso un po’ accentuato.
Era entrata con una scusa. Andrew capì che voleva essere
ascoltata. Le offrì da bere, la fece accomodare nel suo studio.
«So che lei scrive sul giornale, non è vero? Ho letto il suo articolo
su Samantha Preston.
Io la conoscevo, lo sa? Faccio anch’io la modella, anche se non
sono così quotata come lei. Lavoro di meno, nelle sfilate secondarie,
e mi arrangio facendo la cubista, di notte, in un locale».
«Ah, ecco perché la sento ritirarsi ad orari impossibili».
La ragazza rise nervosamente, stringendo il suo bicchiere mezzo
vuoto.
«È un brutto ambiente, questo. La gente ti guarda come se potesse
farti di tutto. Lei sì, che sembra una brava persona».
La accompagnò nella stanza a vetri, le fece vedere i bonsai.
Ad un certo punto divenne quasi logorroica, cominciando a
parlare del più e del meno con un’eccitazione inusuale, fuori luogo
per il momento e la circostanza. Prima di congedarsi, davanti alla
porta d’ingresso, gli sussurrò all’orecchio: «Forse io so chi procurava
la droga a Samantha Preston. Lo so, ma non posso dirlo». E corse su
per le scale.
Grande, grande davvero il suo capo. L’aveva mandato a
Cleveland per fornire alla Polizia le prove documentate e documen-
tabili di una gang di malfattori dediti al commercio e al traffico di
sostanze stupefacenti e sfruttamento della prostituzione, di cui
Samantha era stata vittima.
Quelle cartelle, su cui alcune persone avevano lasciato impronte
inequivocabili erano state prelevate all’aeroporto da un complice,
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