Page 120 - Corti di carta
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mano. Vieni subito».
L’aveva letto tante di quelle volte che lo sapeva quasi a memoria,
quell’articolo sul ritrovamento di Samantha Preston. La ragazza era
semivestita, riversa su un fianco, con le braccia nude, il viso alterato
in una smorfia di dolore. La “roba” era sul comodino. Non c’era
alcuna traccia di effrazione o di colluttazione; tutto sembrava a
posto, maledettamente al suo posto.
Non avrebbe voluto farlo, quell’articolo sui Preston: gli pareva di
violare un’intimità che il dolore aveva reso più esclusiva e più degna
di rispetto e di silenzio, ma il dovere di cronaca lo chiamava a
svolgere il suo lavoro.
L’intervista fu penosa come era facilmente prevedibile.
I volti asciutti e contratti in una smorfia dolorosa, accusavano tutti
di quello che era successo. Sembrava che il mondo intero avesse
congiurato contro Samantha: le colleghe, gli uomini che aveva
amato, gli stilisti, la moda, persino. Parlavano di tornare nel
Montana, di finire i loro giorni là, tra le montagne e le nebbie,
lontani dalla metropoli tentacolare.
Adesso aveva solo una gran voglia di ritirarsi a casa e pensare con
calma e lucidità a tutto quanto. Un’idea gli era scattata nella mente,
sorda e silenziosa come un tarlo solitario. Che ne era di Morgana?
C’era qualche nesso tra la morte di Samantha e la sparizione di
Morgana?
Perché un fatto era certo: la sua ex moglie procurava la roba a
Samantha, l’aveva appreso dal bigliettino fortunosamente trovato nel
cassetto.
Ora era in grado di valutare sotto una luce diversa avvenimenti e
particolari insignificanti. Adesso si spiegava la frenesia, l’ansia
costante e continua di Morgana. La sua necessità spasmodica di
denaro, le sue fughe improvvise, gli alti e bassi dell’umore, l’ira
improvvisa, l’improvvisa esaltazione.
Cleveland. La ragazza era morta a Cleveland, proprio dove lui era
stato qualche giorno prima del ritrovamento del cadavere di
Samantha, mandatovi dal capo. Era una semplice coincidenza o c’era
qualcos’altro sotto?
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