Page 56 - La via d'uscita
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subire un salasso in mattinata, si reca lo stesso all’incon-
tro, incurante delle conseguenze. E tale è la foga dell’amo-
roso amplesso che gli si riapre la ferita e muore svenato.
Una vigile e accorta fantesca riesce nel cuore della notte
a trasportarne il corpo inanimato sui gradini della chiesa,
dove il giorno successivo si celebrano i funerali dello sven-
turato. La poveretta chiede e supplica che le sia concesso
di vedere per l’ultima volta colui a cui, involontariamente,
ha provocato la morte, e giunta in chiesa, si uccide con una
pugnalata al cuore, dichiarandosi colpevole della morte
dell’amato.
Il poema era di facile lettura, in una lingua comprensibile
per lei che s’era ormai abituata alle astruserie delle tradu-
zioni non sempre aderenti al testo. Le parti che più l’ave-
vano colpita riguardavano lo scambio delle missive segrete
tra i due giovani preparatorie all’incontro che entrambi de-
sideravano:
“E chi lassa, mi toglie
di rimirar quei rai
che temprano le mie pene e le mie doglie?
Torna, deh torna omai
o mia luce, o mia vita o mio tesoro,
ché, se non torni, io moro!”
gli scrive lei, convinta che la sua assenza sia dovuta a disaf-
fezione e non a motivi di salute.
“Egli con mille baci
legge l’impresse note,
poscia altro foglio al suo bel Sole invia
che in cotal guisa i suoi pensieri apria:
”Verrò mia vaga dea
ove dolce m’inviti, ove mi chiami.
ma perché più sicuro, più lieto
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